Esserci: Arte Urbana, Musei e il Senso del Luogo

Esserci: Arte Urbana, Musei e il Senso del Luogo

di Elena Sinagra

Quando ero al primo anno di college ho seguito un corso di Storia dell’Arte Contemporanea e, durante una discussione sul movimento Futurista italiano, la professoressa ci raccontò un aneddoto riguardante un suo amico che suonava in un gruppo punk-rock sgangherato nella Roma degli anni ’90.
Ci ha raccontato di quanto lui si sentisse frustrato dal fatto che qualsiasi movimento contemporaneo in Italia sarebbe sempre stato limitato dalla storia del Paese; il “nuovo” non sarebbe mai potuto diventare l’attrazione principale in un contesto nel quale i capolavori assoluti sono a pochi passi di distanza. La professoressa ha usato la storia del suo amico come esempio per spiegare la ragione per la quale un movimento come il Futurismo, che cercava di catapultare la vita nella modernità ed eliminare qualsiasi connessione con il passato, emerse proprio in Italia. Il movimento abbracciava la tecnologia e la vitalità, rappresentando opere che enfatizzavano il moto, le auto e le città industriali.
Il Futurismo svela il rapporto di antagonismo tra passato e  presente in tutti quei luoghi ove questi due elementi non siano ben integrati né politicamente né socialmente. Ora come allora, mentre il resto del mondo sperimenta artisticamente con le Avanguardie, l’Italia rimane irrevocabilmente limitata dall’ombra monumentale della sua impressionante storia. L’Antichità, il Rinascimento e il periodo Barocco sono i gioielli della cultura ma, al tempo stesso, costituiscono un fardello in quanto la loro importanza nell’immaginario storico e internazionale e le risorse finanziarie che assorbono spesso frenano lo sviluppo dei movimenti artistici emergenti.
Il parallelismo tra la storia contemporanea della città di Firenze e quella dell’amico della mia professoressa è particolarmente evidente: l’ombra del Rinascimento spesso ostacola le opportunità e il sostegno da parte delle istituzioni, creando una diffusa atmosfera di frustrazione.

Ben oltre le questioni legate all’abitabilità, alla sicurezza e alle relazioni sociali, il legame tra passato e presente risulta fondamentale per poter coltivare un senso di appartenenza collettiva o di radicamento in un luogo. È attraverso la trasmissione della conoscenza culturale, infatti, che si sviluppano memoria collettiva e identità.

La fenomenologia sostiene che tutta la storia del mondo culmini nella produzione della nostra realtà attuale. Le narrazioni storiche creano norme culturali, politiche e forme d’arte che, pertanto, esistono sempre in relazione all’altro. Potendo conoscere e interagire con ciò che è venuto prima di noi, ci possiamo radicare meglio nel presente. Visti in questa accezione, i musei non rappresentano solo un ponte tra passato e presente, ma anche un luogo in cui coltivare connessioni sociali, divulgative e culturali. Sebbene in passato siano stati considerati come delle istituzioni antiquate dedite esclusivamente alla conservazione e alla collezione di manufatti antichi, i complessi museali di oggi cercano di assumere un ruolo più prominente nella società come mediatori culturali e sociali. In una conferenza del 1999, Emmanuel N. Arinze, l’allora presidente della CAM (Commonwealth Association of Museums), ha affermato che i musei sono “i custodi dell’anima culturale di una nazione”. La possibilità di rappresentare l’incarnazione della coscienza culturale collettiva li fa respirare, li rende entità vive e veicoli di affinità e comunità culturali.

Più recentemente, dopo lunghe riflessioni, ICOM ha pubblicato nell’agosto 2022 una definizione aggiornata di cosa sia un museo. Utilizzando le loro stesse parole:

“Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro al servizio della società che ricerca, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio tangibile e intangibile. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei favoriscono la diversità e la sostenibilità. Essi operano e comunicano in modo etico, professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze variegate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione della conoscenza”.

I musei nel loro complesso hanno ancora molta strada da fare prima di incarnare tutti gli aspetti sopraelencati, soprattutto per quanto riguarda la decolonizzazione delle loro pratiche, l’accessibilità e il coinvolgimento del pubblico. Tuttavia, questa nuova definizione attesta una crescente trasformazione nella loro pratica istituzionale. I musei di tutto il mondo stanno ampliando la loro programmazione pubblica e le piattaforme di condivisione della conoscenza. Inoltre, attraverso il lavoro dei curatori, vengono proposte sempre più mostre che esaminano questioni sociali critiche, dando spazio agli artisti emergenti insieme a quelli storicizzati.

Se adottassimo le parole di Emmanuel Arinze, ossia che i musei possono e devono fungere da “custodi dell’anima culturale”, potrebbero sorgere varie complicazioni per i musei in città come Firenze, che vantano un patrimonio culturale, artistico e creativo incommensurabile ma che, a causa del sovraffollamento turistico e di numerosi altri fattori, sono diventate sempre più inaccessibili alla comunità residente. In questo contesto, le istituzioni desistono dal facilitare nuovi modi di relazionarsi alla storia e alla cultura, poiché il flusso verso la propria eredità culturale è ormai ostruito. Uno studio del 2018 dell’ISTAT, infatti, ha rilevato che 7 italiani su 10 non avevano visitato un museo nell’anno precedente, indicando che la stragrande maggioranza dei visitatori dei musei italiani erano turisti. Le conseguenze del COVID-19 e delle restrizioni di viaggio hanno offerto agli italiani l’opportunità di “riscoprire” i loro musei. Il New York Times ha pubblicato un articolo che sottolineava come i residenti delle principali città italiane desiderassero visitare i loro musei senza (essere circondati da)  gruppi affollati e visite guidate. Nell’articolo molte persone hanno dichiarato che normalmente gli Uffizi o il Vaticano sono troppo affollati per potersi godere la visita ed apprezzarne le opere.

Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite. Queste foto contrastanti mostrano la differenza tra il periodo della pandemia e adesso, dimostrando come i siti/ luoghi culturali di Firenze siano molto spesso sovraffollati.
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite.
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite.
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite.
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite.
Marco Castelli, Lockdown Italiano - Le Fotografie Proibite.
Virginia Salaorni, Mezzogiorno fuori dalla Galleria dell’Accademia, 2 maggio 2023. Queste foto contrastanti mostrano la differenza tra il periodo della pandemia e adesso, dimostrando come i luoghi culturali di Firenze siano molto spesso sovraffollati.

Tali dinamiche sollevano la seguente domanda: se i musei italiani faticano a raggiungere l’obiettivo stabilito da ICOM, quali sono le alternative per i produttori ed i mediatori culturali di formare e promuovere un’identità culturale collettiva? Propongo che sia la natura sovversiva dell’arte urbana – con le sue caratteristiche intrinsecamente democratiche e interattive – a poter colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni culturali. Il crescente distacco tra la storia, il paesaggio urbano, l’arte, i residenti e le istituzioni culturali in Italia sottolinea l’importanza dell’arte urbana come mezzo per la produzione culturale e la connessione con il luogo.

Il senso del luogo svolge un ruolo significativo nell’intervento artistico all’interno di più ampie strutture sociali. Elementi come la filosofia fenomenologica di Martin Heidegger, così come gli scritti geografici di Ted Relph sul processo di coltivazione del luogo, o la proposta di sovvenzionamento dell’Arts Endowment per la creazione di luoghi creativi, stanno tutti ad indicare il legame intrinseco tra arte e luogo. L’arte urbana è forse il mezzo che incarna maggiormente questa connessione. Sebbene l’attuale concetto di graffiti writing e street art sia legato alla genesi del tagging, del bombing e dei murales, collocabile principalmente nelle città americane negli anni ’70 e ’80, possiamo osservare come le origini di ciò si estendano molto più indietro nel tempo e siano, in realtà, radicate nel profondo dell’inconscio umano. L’arte urbana si è sempre fatta strumento per coltivare un’identità legata al luogo, come ci ricorda il writer intervistato nel documentario Bomb It: “Se metti una penna in mano a un bambino, naturalmente andrà verso il muro”. In aggiunta, le pitture rupestri preistoriche, i messaggi politici a Pompei e i murales di oggi testimoniano tutti il bisogno viscerale di simbolizzare, comunicare ed esprimere esperienze collettive e individuali nel proprio ambiente, in una modalità che precede sia il linguaggio scritto che parlato. L’arte urbana è varia e soggettiva tanto quanto qualsiasi altro tipo d’arte, anche se la popolazione in generale spesso la limita a categorie restrittive, come la distruzione illegale di proprietà o i murales non autorizzati. Sebbene i graffiti di Firenze e quelli di New York siano molto diversi tra loro, entrambi possono essere interpretati come un modo per superare l’esclusione e la disconnessione attraverso l’espressione creativa del contatto con l’ambiente circostante.

Il filosofo del XX secolo Heidegger ha posto l’esperienza vissuta e l’interazione con l’ambiente esterno al centro dell’esistenza. Nell’opera Essere e Tempo Heidegger sosteneva che nella filosofia e nella psicologia tradizionali la relazione tra persona e mondo fosse ridotta o ad una prospettiva idealista, secondo la quale la realtà è il prodotto della coscienza umana che agisce sul mondo, o ad una prospettiva realista, che teorizzava che è attraverso l’influenza del mondo sulle persone e la loro reazione successiva che si crea un senso dell’essere. Heidegger concettualizzò che entrambe le prospettive fossero incomplete poiché mantenevano una polarità mente-materia e una relazione unidirezionale tra l’individuo e il mondo. Diversamente, teorizzò che la verità della realtà vissuta si celasse nell’assunto che gli esseri umani fossero sempre congiunti, intrecciati e immersi nel loro mondo, superando la dualità cartesiana prevalente e argomentando, al contrario, che non potesse esserci separazione nell’esistenza. I paesaggi fisici influenzano le psiche interiori ed esse, simultaneamente, influenzano i paesaggi fisici.

Heidegger coniò il termine Dasein – o l’umano “essere-nel-mondo”, o “l’esserci” – per riflettere sull’intersezione dell’unità indivisibile tra l’essenza individuale, lo spazio fisico e i sistemi sociali. Nel Dasein, le aree pubbliche contribuiscono alle mediazioni e alle interazioni; è dove mappiamo fisicamente la nostra partecipazione alla vita comune. L’arte urbana, grazie alla sua disposizione democratica e alla sua natura transitoria, è significativa nel contribuire all’“esserci” poiché influisce sul nostro rapporto con l’ambiente circostante e sulle modalità con cui quest’ultimo si relaziona con noi. L’arte pubblica rafforza il genius loci – lo spirito del luogo – favorendo la presenza, l’identità culturale e il senso di appartenenza. L’arte e gli artisti esistono in uno stato descritto da Heidegger come “essere-gettati”, che implica che gli esseri umani siano casualmente collocati o gettati in determinate meta-strutture, come la cultura, il tempo, la religione, il genere, le politiche e le dinamiche sociali. Pertanto, l’arte urbana contemporanea diventa un modo per mitigare e interagire con le forze che definiscono il momento presente in cui siamo gettati, potenzialmente modificando il carattere socioculturale dell’ambiente nel processo. L’arte urbana mantiene una speciale connessione con il luogo poiché la sua natura richiede di essere site-specific e, quindi, interagisce in modo più acuto con il paesaggio urbano e con i contesti sociali che ne conseguono.

I principi fenomenologici sono stati il punto di partenza anche per il geografo Edward Relph nel suo esplorare l’importanza fondamentale del luogo e della mancanza del luogo. Nel suo articolo Sense of Place and Emerging Social and Environmental Challenges, Relph afferma che il luogo “non è un pezzetto di spazio, né un altro termine per paesaggio o ambiente, non è una creazione dell’esperienza individuale, né una costruzione sociale… È, invece, il fondamento dell’essere sia umano che non umano; l’esperienza, le azioni e la vita stessa iniziano e terminano con il luogo.” Il luogo funge da contenitore in cui possono accadere tutte le altre esperienze e interazioni. Non solo garantisce la nostra sopravvivenza fisica, ma ci permette anche di sviluppare e nutrire la nostra umanità. Conoscere e riconoscere il nostro luogo ci radica nel tempo e ci unisce al tessuto comune dell’esperienza vissuta. Quest’idea è ulteriormente esemplificata nel libro di Relph The Modern Urban Landscape, pubblicato nel 1987, in cui si afferma che “il genius loci non può essere progettato su richiesta. Deve evolvere, essere convalidato, crescere e cambiare grazie agli sforzi diretti di coloro che vivono e lavorano nei luoghi di cui si prendono cura… Indipendentemente da quanto avanzate possano essere le conoscenze tecniche, la comprensione delle vite e dei problemi degli altri sarà sempre parziale”.

L’arte urbana influenza direttamente il paesaggio urbano in continua evoluzione ed è quindi intrinsecamente legata al genius loci dei luoghi più di altre forme artistiche. In altre parole, l’arte urbana prende forma attraverso la città e non viene semplicemente collocata al suo interno. Come sottolinea Relph, queste tipologie di intervento non possono essere propriamente pianificate ma devono avvenire in modo organico, secondo la loro stessa natura. L’arte urbana si manifesta attraverso dinamiche sociali e fisiche, trascende l’artista per diventare una manifestazione simbolica di un sentimento collettivo. Street art e graffiti fungono da mezzi di riflessione, di piacere e di contemplazione per gli abitanti. Alcuni potrebbero detestare la raffigurazione della street art, mentre altri potrebbero trovarla un’aggiunta significativa al paesaggio della città. In ogni caso essa funge da punto di considerazione, poiché forza un impegno da parte delle persone.

Il concetto di “creative placemaking” esplora il ruolo dell’arte urbana nella capacità dei luoghi di prosperare. Il termine si riferisce a un’iniziativa lanciata nel 2010 dalla National Endowment for the Arts (NEA) a Washington D.C., negli Stati Uniti, che postulò l’importanza di finanziare e sostenere progetti all’interno degli spazi pubblici delle città anziché limitarsi a concedere sovvenzioni a organizzazioni artistiche, istituzioni e gallerie. Il NEA è un’organizzazione indipendente che fa parte del governo federale degli Stati Uniti e che fornisce sovvenzioni e supporto a progetti legati all’arte. Il NEA ha notato un aumento dell’interazione sociale nelle comunità in seguito alla realizzazione di murales, sculture pubbliche e installazioni interattive.
I singoli progetti hanno contribuito a promuovere il coinvolgimento della comunità e la crescita economica per le città e per i quartieri, rafforzando il senso del luogo e l’esperienza collettiva vissuta. Il “creative placemaking” utilizza le arti per arricchire il panorama socio-culturale e può essere impiegato per affrontare numerose problematiche comunitarie. Le sovvenzioni sostengono iniziative all’interno della città, diventando così motore di crescita sociale e finanziaria. Con l’attuazione di questo approccio di base, il potere viene restituito alle comunità al fine di promuoverne il capitale culturale ed economico.

I luoghi e i residenti, come abbiamo compreso, sono intrinsecamente legati gli uni agli altri; pertanto, le pratiche dell’arte urbana dovrebbero essere prese in considerazione a partire dal contesto da cui provengono. A Firenze e in Italia in generale, gli artisti urbani interagiscono con il loro ambiente in modo giocoso, coinvolgente e spesso critico. Gli artisti Stelleconfuse, Clet e Exit Enter, per citarne alcuni, anche se differiscono nelle pratiche e nei messaggi, sono accomunati dall’utilizzo di immagini e simboli iconici, di piccole dimensioni e altamente ripetibili, usati per alterare gli spazi in modo giocoso. Per fare un esempio, in una delle sue opere Clet modifica sornionamente il significato di un segnale stradale inserendo il simbolo del David. Uno dei simboli più iconici di Firenze, che attira migliaia di visitatori all’anno, viene capovolto in una divertente giustapposizione di segni e simboli.

Exit Enter è un altro artista prolifico la cui pratica urbana si manifesta principalmente in duplicazioni su piccola scala, nel suo caso incarnate da un omino stilizzato che di solito interagisce con un cuore a lui vicino. Queste opere sparse per la città suscitano trasporto e gioia attraverso la loro semplicità e i loro teneri attributi. Sebbene queste creazioni portino con loro un’essenza di fascino e incanto, affrontano anche importanti tematiche attuali.

L’artista Stelleconfuse ha avviato il progetto “Plant a Tree” che punta ad attirare l’attenzione sulla diminuzione delle aree verdi in città e sulla deforestazione in generale. Le sue opere consistono in alberi stilizzati e decorati con diversi simboli che ricordano gli emoji, come faccine sorridenti e animali cartoonish, di solito accompagnati da una frase che inciti all’azione, come ad esempio: “Plant a Tree and Read your Future”. In questo caso si assiste al  contrasto tra l’ambiente urbano e la rappresentazione dell’albero, che amplifica ulteriormente il messaggio legato alla conservazione della natura.

Tutti questi artisti utilizzano i loro simboli iconizzati per interagire con i materiali e le strutture preesistenti, tramite una modalità coinvolgente e provocante e con una diffusione in tutta la città. Ciò che un tempo era un segnale stradale opaco o un piccolo angolo di muro diventa un punto di riflessione e di piacere.

Exit Enter, Venezia, giugno 2019  Le figure stilizzate di Exit Enter interagiscono con la città in narrazioni giocose e forme stravaganti.
Exit Enter, Riflessioni su turismo e degrado in una città in vendita, Palma di Maiorca, 2019. Le figure stilizzate di Exit Enter interagiscono con la città in narrazioni giocose e forme stravaganti.
Stelleconfuse, ‘Plant a Tree and Read your Future’ ,2020, Stencil su muro, 150 cm x 250 cm, Azienda Agricola 11 Calerno, Reggio Emilia (Italia). Il progetto ‘Plant a Tree’ ricorda l'importanza degli alberi e degli spazi verdi all'interno delle città utilizzando i simboli delle emoji, facilmente riconoscibili, che insieme invocano un senso di coesistenza e armonia.

Oltre a questa tipologia di artisti, che utilizzano firme distintive e replicabili su piccola scala per diffondere i loro messaggi e suscitare un senso di esuberanza, anche i muralisti si impegnano con gli scenari urbani in modi variegati. Un aspetto fondamentale del senso di un luogo e di un’identità è il legame tra passato e presente: come possiamo sapere dove stiamo andando se non sappiamo da dove veniamo?

L’artista Basik fonde diversi elementi del passato all’interno della sua pratica artistica, come immagini del periodo barocco e riferimenti all’arte religiosa. Questi elementi vengono inseriti attraverso le sue scelte stilistiche e il soggetto scelto per creare opere che alludono a questioni moderne e contemporanee. Nel 2021 ha realizzato il murale “46 – 3m”, che raffigura un kantharos gianiforme etrusco, un antico recipiente utilizzato per contenere l’acqua, costruito con due facce su lati opposti che evocano il dio Giano. L’antico vaso si erge come metafora della botte, un bacino d’acqua ubicato nella città di Pioppe di Salvaro (Bologna), dove il murale è situato e dove il 1º ottobre 1944 quarantasei civili furono giustiziati e poi gettati nel serbatoio dai soldati nazisti. L’antica anfora, che si trova nel vicino Museo Nazionale Etrusco Pompeo Aria, diviene un simbolo della comunità locale, sia della storia antica sia di quella contemporanea. Le crepe e le riparazioni sul vaso potrebbero essere interpretate come rappresentazioni della brutalità della guerra, mentre la “thanatosis” di un martin pescatore, un uccello noto per la sua capacità di simulare lo stato di morte, fa riferimento ai tre civili che furono gli unici sopravvissuti al massacro. In questo murale, Basik utilizza componenti compositive reminiscenti delle nature morte del periodo barocco ancora attuali, ma illustra al contempo elementi emblematici della storia del luogo e di quel tragico evento definitivo. Il murale diventa una testimonianza che commemora le vittime del massacro e riafferma la loro propria narrazione storica.

L’artista fiorentina Nian dà voce a un altro importante periodo della storia italiana attraverso la sua esplorazione onirica delle figure femminili dell’era leggendaria dell’Antica Roma e dell’Antica Grecia.
Nel gennaio del 2023 ha realizzato un intervento all’incrocio tra Torpignattara e Via Casilina a Roma, storicamente città di nascita di questi miti.
Vi è raffigurata Mater Matuta, un’antica dea latina che rappresentava l’alba e la maturazione femminile, ulteriormente associata ai porti e al passaggio sicuro, ed è legata attraverso i fiori alla dea Fortuna, portatrice di buona sorte. Si pensava che entrambe fossero protettrici delle rotte commerciali tra romani, greci, etruschi, fenici e cartaginesi e oggi, richiamandole al momento presente attraverso una rappresentazione contemporanea, vigilano sui cittadini di Roma che si spostano attraverso l’incrocio delle due strade.
La rappresentazione di figure mitologiche classiche, ripristinate ora sulla strada, interagisce con l’ambiente fisico della città, così come con la sua identità culturale e storica, e ridà vita a storie e simboli che altrimenti rimarrebbero chiusi nelle sale delle antiche rovine e nei templi.

Gli artisti qui analizzati differiscono nelle pratiche e nelle tecniche, producendo opere che si diverse per stili e significati simbolici. Tuttavia, le loro opere compongono tutte lo spirito e il senso del luogo, aggiungendosi all’organismo mutevole che è la città. Agiscono come punti di riflessione e di riferimento che  aiutano a tracciare la concettualizzazione della comunità da parte dei residenti. Attraverso l’utilizzo di simboli popolari e la reinterpretazione di elementi storici, sintetizzano vari componenti del canone culturale per diventare una manifestazione del pensiero contemporaneo. Questo processo connette l’individuo all’interno della costellazione spazio-tempo in continua espansione, poiché la cultura non è statica, ma si evolve costantemente attraverso le esperienze e le influenze delle persone.

Se è vero ciò che Heidegger ha detto, ovvero che esistiamo in uno stato di “gettatezza” e che siamo alla mercé dell’epoca e del luogo geografico in cui nasciamo, allora si potrebbe dire che lo stato in cui siamo stati “gettati” è caratterizzato dalla frammentazione e dalla riconfigurazione. A causa dei cambiamenti delle popolazioni, dei valori culturali e del restringimento dei sistemi ecologici, il nostro senso di connessione è messo a dura prova: che sia con il nostro passato, con il nostro presente, con noi stessi o cone gli altri. Gli artisti, perpetui osservatori del mondo, hanno contribuito a colmare questi “frammenti” e a dare un senso a queste “riconfigurazioni”, poiché l’arte rappresenta uno strumento fondamentale per coltivare l’identità e per preservare la coscienza culturale. Quando le istituzioni culturali ed i musei non riescono a svolgere il loro ruolo ideale così come definito dalla definizione dell’ICOM – di essere al servizio della società e custodi del patrimonio tangibile e intangibile – allora gli artisti hanno l’opportunità e l’obbligo di utilizzare mezzi alternativi nella produzione  e nella fruizione dell’arte.

L’autore

Elena Sinagra

Elena Sinagra si è laureata presso il Sarah Lawrence College di New York, dove ha studiato storia dell'arte e antropologia culturale. Durante il suo percorso accademico, ha trascorso un anno a Siena, approfondendo lo studio dell'arte rinascimentale e contemporanea italiana. Elena ha lavorato presso il Print Center New York, una galleria non-profit situata nel quartiere artistico di Chelsea, che si dedica esclusivamente alle stampe d'arte. Ha completato recentemente un master in Pratiche Curatoriali a Firenze e al momento si sta dedicando alla ricerca dell'intersezione tra arte contemporanea, identità culturale e museologia.

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