The Sign beyond the Signature

The sign beyond the signature

03 Marzo 2023 – 1 Aprile 2023

Nella ricerca dualistica di Exit Enter è il segno il minimo comune denominatore che ricongiunge il progetto del suo celebre ‘omino’ alla ricerca sui paesaggi istintivi. 

Con “The sign beyond the signature”, Street Levels Gallery intende rivelare la natura istintiva, gestuale e rituale della pittura di Exit Enter, quella coltivata da oltre dieci anni nel suo studio e mai esibita pubblicamente. Nel nuovo progetto espositivo, il celebre ominodi Exit Enter non si mostra mai; una scelta curatoriale maturata dalla galleria fiorentina insieme allartista con la convinzione che nella dicotomia tra Exit e Enter, tra uscire ed entrare, tra esporre e celare potesse rivelarsi ciò che lo spazio pubblico non ha ancora mai accolto e che i cittadini delle strade di Firenze non riconoscerebbero.

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Tratti, schizzi e graffi ricostruiscono il ritmo gestuale dell’artista, come se ogni composizione di segni corrispondesse a un’autonoma sequenza ritmica. Ed è proprio il suono ad aver in parte plasmato questi corpi di segni: la musica tekno, con il suo pulsare ripetitivo, rappresenta uno strumento di immersione totalizzante per assecondare il flusso creativo di Exit Enter. La cultura rave ha infatti segnato le opere Tempi moderni e Metropolis ma anche la serie Cantieri aperti che, nelle loro ambientazioni degenerate, rimandano ai muri di casse dei free party. I sound system divengono così complici dei riferimenti architettonici più robotici e meccanici, plasmando i suoi paesaggi urbani densi di edifici e sovrastrutture. Anche il ricordo della sua cittadina natale, Rosignano Solvay, partecipa alla costruzione dei suoi scenari: l’imponente fabbrica di bicarbonato che l’artista ha registrato con gli occhi del sé bambino influenza fortemente il suo immaginario grigio e distopico. 

Testo Critico

Sin dagli esordi della ricerca artistica di Exit Enter il segno è un elemento caratteristico che assume molteplici sfumature estetiche e di senso, facendosi simbolo della realtà dicotomica tra arte in studio e arte in strada ed al contempo canale liberatorio o di narrazione vincolata.

L’incipit risiede nel periodo in cui l’artista frequentava l’Accademia di Belle Arti di Firenze dove, indirizzato dal professor Saverio Vinciguerra, sperimenta la gestualità e l’istinto realizzando opere astratte e incisioni in bianco e nero che riproducono paesaggi interiori, città e simboli. Lo sviluppo di queste pratiche viene principalmente attuato in studio, dove Exit Enter si sente libero e vive l’atto artistico come autoterapia e catarsi, aprendo uno spazio di ricerca intima. È fondamentale in questa fase anche la frequentazione dello scenario dei rave party, in cui la musica Tekno e il contesto sociale si riflettono nelle opere come mostri, elementi robotici e impianti acustici. Lo studio diviene così un’entrata verso l’estro artistico in cui non esistono vincoli narrativi, ma unicamente gesti spontanei e ritmici provenienti da un tumulto interno e volti alla pura sperimentazione. È il luogo in cui l’artista ricerca il suo equilibrio interiore, dedicandosi alla cura di sé tramite il gesto istintivo e la scoperta di supporti, materiali e media.

Parallelamente, sempre nello studio, compare l’omino stilizzato, il quale nasce stilisticamente dalla semplificazione di elementi più complessi; sul piano del contenuto questo non assume solo il ruolo di personaggio tramite cui comunicare con il suo pubblico, ma rappresenta anche per l’artista un’entità con la quale confrontarsi. Come si evince dai racconti di Exit, è infatti l’omino che chiede di essere condiviso fuori e disegnato sui muri della città. Ad esso viene spesso giustapposto un cuore sulle tracce del libro L’Arte di Amare di Erich Fromm, in cui l’amore è interpretato come una soluzione, come una via di uscita. Così Exit esce fuori ed il suo personaggio, inteso da lui come una tag con cui firmarsi, riempie le strade della città di Firenze fino ad arrivare a contesti internazionali. Inizialmente anche l’omino riporta aspetti connessi al flusso istintuale, così come nella produzione ad un’esplosione accostabile alle stesse attitudini creative dedicate agli altri lavori in studio. Tuttavia, con l’esperienza acquisita da anni di approccio al contesto urbano, in questa ricerca viene ridotta l’impulsività a favore di una narrazione ragionata e la rapidità del gesto non deriva primariamente dall’istinto, ma dallo studio di un metodo valido per la strada.

Apparentemente questi due percorsi artistici sembrano in gran parte slegati, quasi fossero l’emblema della dicotomia della produzione in strada e quella in studio: la pittura e l’illustrazione che rimangono chiuse dentro le mura, la tag che esce fuori in città. In realtà, seppur in modo implicito, sono estremamente connessi in quanto l’omino appare spesso anche all’interno dei quadri astratti e delle illustrazioni, così come i marker e altri media oppure le tag, le texture e i graffi che l’artista scopre nel contesto urbano vengono poi portati in studio e reinterpretati secondo una diversa poetica. Nella ricerca dualistica di Exit Enter è il segno il denominatore comune, che rappresenta un mezzo per entrare o uscire e si manifesta a seconda di come l’artista sente, percepisce e riflette l’ambiente circostante unitamente al suo stato emotivo.

In breve tempo, grazie all’ampio apprezzamento del pubblico e dei collezionisti, l’omino diviene un’icona che, associata alla parola Exit, identifica l’artista. La produzione in strada comincia ad essere vincolata a una narrazione fruibile e le tele prodotte con tale soggetto sono in parte condizionate dalla vendita. Lo studio invece, inteso come spazio catartico, rimane principalmente quel luogo dove l’artista si sente libero di esprimersi. Un processo interessante, che riflette esattamente ciò che di frequente accade nell’Arte Urbana ad oggi. 

L’omino assume per Exit connotati commerciali e diviene un vero e proprio brand, ulteriore tendenza che caratterizza il mondo artistico attuale e di cui uno dei più famosi casi è quello di Jeff Koons. Un fenomeno pericoloso per gli artisti giovani, che si trovano spesso intrappolati nell’andamento del gusto del mercato dell’arte. Quest’ultimo apprezza lo stile dell’artista, quindi l’artista comincia a guadagnare e si concentra nella produzione per soddisfare la domanda collezionistica, non dedicando più sufficiente attenzione al proseguimento della propria ricerca. Una situazione paradossale in cui, per garantire un’entrata economica, l’artista si trova a trascurare la libertà dell’estro artistico e diventa dipendente dall’opera d’arte brandizzata. La possibile diretta conseguenza è che l’arte odierna non evolve e rimane costretta in un circolo vizioso. Questa dinamica è in parte ciò che è accaduto ad Exit Enter, il quale ad oggi interpreta e disegna l’omino con stili differenti: uno dedicato al commercio e al pubblico collezionistico, l’altro, più libero, al piacere del bombing in strada e al pubblico urbano. In tal senso, una mostra incentrata esclusivamente sull’iconico personaggio sarebbe stata un porto sicuro sia per Exit Enter che per la Street Levels Gallery, che invece scelgono di esporre ciò che non è mai stato portato fuori. Questo è uno dei più interessanti concetti espressi in “Sign Beyond the Signature”: mostrare il segno spontaneo portatore sano di estro artistico che per troppo tempo è rimasto celato dietro all’icona che rappresenta il peso coercitivo del mercato dell’arte.

Le sale della galleria aprono una via di uscita ad Exit Enter che coglie il significato profondo del termine Esporre, ovvero non espone solo pezzi d’arte vendibili, ma anche se stesso. Il luogo che prima era la città, diventa l’invisibile mondo interiore e personale il quale allo stesso modo della strada contiene muri e superfici da disegnare o dipingere. L’anima e il supporto fisico divengono il medium, il segno il mezzo con il quale tirare fuori e trasporre all’esterno il negativo e il positivo in un atto espiatorio. Alcuni gesti, di cui il segno è traccia, si presentano esteticamente come un leitmotiv nei lavori esposti e li connettono l’uno all’altro seppur appartenenti a stili diversi. 

Questa mostra è l’occasione per l’artista di mostrare non qualcosa di nuovo, ma tutta la ricerca  rimasta celata dietro le quinte e che però rappresenta un percorso fondamentale probabilmente senza il quale l’iconico omino non sarebbe nato. E allo stesso tempo è  l’occasione per la galleria di raccontare la complessità dei fenomeni riscontrabili nell’Arte Urbana partendo dal particolare.

 “The Sign Beyond the Signature” è interpretabile come un atto liberatorio da dinamiche di mercato o dicotomiche, esattamente come l’artista vive lo studio. Lo spettatore è invitato a lanciarsi nello stesso coraggioso percorso ed entrare in una dimensione catartica dove, riflettendosi nelle opere, può osservare anch’esso quella parte di sé che tiene chiusa dentro le proprie invisibili mura ed instaurare un dialogo autoterapeutico in un equilibrio impulsivo fatto di segni.

© Giulia Falcone

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